Scienza e comunicazione, interessantissime riflessioni del prof. Alberto Prestininzi sulle pagine di MeteoWeb

A cura di Peppe Caridi

Il Prof. Prestininzi, è uno dei promotori della petizione inviata da circa 200 scienziati italiani al Presidente della Repubblica, ma anche “ambasciatore” per l’Italia della dichiarazione “There is no Climate Emergency” inviata da 500 scienziati (oggi oltre 800) di tutto il mondo al Segretario dell’ONU Antònio Guterres ed ai vertici dell’Unione Europea.

Queste iniziative, oltre ad affermare che il riscaldamento globale non è una emergenza, evidenziano che, oggi, il vero problema ambientale è rappresentato dall’inquinamento e non dalla presenza della CO2, che non è un inquinante. Queste iniziative evidenziano, inoltre, la difficoltà di promuovere adeguati confronti scientifici tra studiosi. I recenti fatti accaduti all’Accademia dei Lincei sembrano confermare queste difficoltà.

Altro che clima, il vero problema in Italia è il terremoto: “Potrebbe colpire in qualsiasi momento ma lo Stato non informa correttamente” [INTERVISTA]

Chiediamo al Prof. Prestininzi un suo commento su questi delicati argomenti, partendo anche dalla sua esperienza di Docente.

Le domande che Lei pone sono tutte “centrali” nel dibattito sul clima, ma assumono una particolare valenza in un momento come questo, di vera emergenza per la pandemia dovuta al Coronavirus COVI-19. Ma esaminare questi aspetti è oggi doveroso farlo, considerato che in un momento drammatico per i cittadini italiani, e non solo, qualcuno trova lecito scrivere un articolo come quello apparso la sera del 20 marzo scorso su una testata nazionale dal titolo: “Coronavirus e altre epidemie: perchè sono legate ai cambiamenti climatici e alla perdita di biodiversità”. Non è oggi che voglio discutere di questo, ci sarà tempo per evidenziare la stupidità, perché voglio credere che di questo si tratti, l’assenza di qualsiasi sensibilità e il modesto contenuto scientifico su questi temi.

Comunque, tornando alla sua domanda, per esaminare tutti gli aspetti che Lei ha citato sarebbe necessario articolare in un tempo adeguato le risposte, in maniera più completa e documentata ma, soprattutto, analizzare le tappe che a partire da J. Hansen 1988 hanno via via trasferito il tema clima da prevalente argomento di interesse scientifico a contesa politica-economica. Ricordiamo che, a seguito del discorso tenuto da J. Hansen al Congresso USA, le analisi sulle ipotesi del possibile riscaldamento globale connesse alle emissioni di CO2 antropiche sono state affidate all’IPCC, che opera su mandato dell’ONU. Da quella data il tema clima ha subito una profonda metamorfosi che ha modificato il dibattito che, da scientifico è diventato un dibattito politico-economico, con lo spostamento del confronto dalle Aule Universitarie ai Talk radiofonici e televisivi, con il pieno coinvolgimento del sistema di comunicazione e di milioni di persone.

Provo ad esaminare in maniera sintetica questo specifico aspetto, focalizzando la mia attenzione sul sistema di ricerca e accademico, nel quale ho vissuto per quasi cinquanta anni, ed il rapporto con il variegato mondo della comunicazione“.

LA SCIENZA METTE A CONFRONTO I FATTI NON LE PERSONE

Questa è la scienza

di Alberto Prestininzi

Ordinario di Geologia Applicata presso “Sapienza Università di Roma”, in quiescenza. Già titolare della Cattedra di Rischi Geologici; Già Direttore del Centro di Ricerca Previsione, Prevenzione e Controllo dei Rischi Geologici. Fondatore e Editor in Chief della Rivista Internazionale “Italian Journal of Engineering Geology and Environment”

Quando di un argomento non si sa nulla, come nel caso del clima, ma è necessario imporre il pensiero unico, una delle strategie di successo adottate è quella di costruire, anche attraverso l’impero mediatico, la “qualità” delle persone che dissentono, misurando le loro qualifiche.

Questa consolidata prassi la possiamo chiamare

Metodo della Competenza”.

Che questa procedura, così possiamo definirla, venga utilizzata dal sistema mediatico, soprattutto nel dibattito sul clima, non sorprende più di tanto, considerato che il tema “cambiamento climatico” è stato gettato con forza nell’agone politico-economico, sottraendolo definitivamente al mondo della ricerca e al dibattito scientifico.

La tecnica introdotta è quella di costruire un percorso decisionale, in apparenza alla luce del sole, attraverso il quale scegliere un gruppo di esperti credibili, in base alla loro qualifica: solo questi esperti saliranno alla ribalta e avranno la facoltà di intervento. Questo metodo è stato recentemente applicato sia per i 200 scienziati italiani firmatari della petizione sul clima, inviata  al Presidente della Repubblica e alle maggiori Autorità Istituzionali, sia nei confronti dei 500 scienziati appartenenti a 29 paesi del mondo (oggi, oltre 800) che hanno sottoscritto la dichiarazione [ www.clintel.org ] “There is no Climate Emergency”, inviata al Segretario generale dell’ONU Antònio Guterres e ai vertici dell’Unione EuropeaOgni singolo scienziato firmatario delle due iniziative è stato sottoposto ad una sorta di macchina della verità che aveva il compito di esaminare le loro qualità. Ad una prima valutazione, questa procedura potrebbe apparire “libera e democratica”. Ma se analizziamo le conclusioni dell’infallibile macchina mediatica verifichiamo che i risultati sono al 100% sempre gli stessi: “Questi scienziati non sono climatologi, nella loro vita si sono occupati di altre cose e, denominatore comune, sono al servizio delle multinazionali del petrolio”. Un esempio applicativo di questa procedura è consultabile on line.

L’esame dei commenti degli esperti credibili si sviluppa secondo la grammatica del metodo della competenza, ed è l’inno della liturgia catastrofista, con affermazioni formali che non entrano mai nel merito dei fatti e, quando ci provano, mostrano la loro approssimazione e superficialità, come quella che colloca la Piccola Era Glaciale nel 1880..“La piccola Era glaciale finita nel 1880”….Chi possiede alcuni elementi di base dell’evoluzione morfoclimatica quaternaria sa che le temperature più basse della PEG sono state registrate nel 1750, non nel 1880.

Significativa e molto efficace appare, in tal senso, la dichiarazione del grande matematico Christopher Essex(*), il quale riferisce di un colloquio fatto con un “giornalista” che stava compilando un elenco di scienziati qualificati e abilitati a parlare pubblicamente del clima. L’obiettivo esplicito del giornalista era quello di far parlare solo gli “esperti qualificati”, mentre tutti gli altri devono tacere. Mi si è avvicinato, dice Christopher, per decidere se io fossi degno, oppure no, di essere inserito nella sua lista. Allora gli ho chiesto: cosa lo rendesse qualificato per decidere chi era qualificato? Silenzio.

Emerge a questo punto un paradosso autoreferenziale: chi ha la qualifica per scegliere chi è qualificato per compilare un tale elenco? E qui non è neanche necessario evidenziare che i “decisori di qualifica” auto-nominati assumono esplicitamente il compito di escludere gli esperti che esprimono opinioni non gradite. Questo è accaduto in tutte le parti del mondo dopo la pubblicazione della petizione italiana e della dichiarazione internazionale “There is no Climate Emergency”.

Il “metodo della competenza” è ampiamente applicato dall’IPCC che, a partire dal 1988, ha assunto l’onere di canalizzare le direttive impartite dal mondo economico-finanziario che ha messo le mani su queste risorse, di cui Al Gore è uno degli apostoli. E’ chiaro che la diffusione del pensiero unico, su questo tema, è veicolata dall’ONU tramite l’IPCC, che realizza molto bene l’obiettivo di rendere meno complicato e più semplice il controllo globale, attraverso i media, con il fondamentale contributo di “tutti gli esperti”, opportunamente scelti con il metodo della competenza e ben distribuiti sul territorio, che recitano tutti la stessa “liturgia” presente nel vangelo scolpito nella roccia dei Reports IPCC.

Questo si può facilmente ottenere, commenta ancora il matematico Essex, “se sei pronto per una follia “matematica”: definisci a priori gli esperti come coloro che ricoprono una particolare posizione nel campo della ricerca, predefinita e concordata. Il risultato sarà, per definizione, che tutti gli esperti concorderanno con il pensiero unico”. Le altre opinioni, sempre per definizione, non sono degne di essere diffuse perché non sono il prodotto di esperti

È molto semplice. Dimentichiamo pertanto di immaginare una moltitudine di esperti che si confrontano, anche con asprezza, in affollate Aule Universitarie o di Centri di Ricerca sui fatti scientifici, prescindendo dal giudizio sulle persone.

Registriamo che questa prassi sta penetrando sempre di più nel mondo della ricerca e accademico e oggi, dopo 45 anni di attività universitaria, dobbiamo constatare come il fascino di questa prassi stia producendo effetti devastanti nel mondo della ricerca. Uno dei segnali di questa contaminazione si rileva nel fatto che l’Accademico stia via via perdendo la sua centralità e il suo ruolo nella società della conoscenza.

La direzione di marcia all’interno del mondo Accademico, che si palesa con sempre maggiore frequenza, è quella di chiedere al Ricercatore-accademico: TU, ricercatore e accademico, se ritieni di dare un contributo alle discussioni importanti, devi trovare il modo di tranquillizzare i dubbiosi, utilizzando gli argomenti declinati da chi ti considera “esperto credibile”. È liberatorio, e TU avrai molto successo. Le tue dichiarazioni saranno prontamente rilevate dalle agenzie di stampa, sarai ampiamente citato dalle maggiori testate giornalistiche, diventerai assiduo frequentatore dei tavoli nei Talk Radio-TV: e quando uno degli eventi naturali come frane, inondazioni, tsunami, uragani, si abbatterà sulle tante aree del pianeta, rese vulnerabili dalle scellerate scelte urbanistiche dell’uomo Tu, ricercatore-accademico, e solo Tu, potrai attestare con la sicurezza che ti è dovuta quale “esperto credibile” che la colpa è dei cambiamenti climatici e dell’uomo che li ha generati. Ma non basta, agli occhi del cittadino/consumatore/divoratore dei media TU apparirai il più credibile perchè appartieni alla cerchia degli esperti qualificati, che ormai coprono il 99,9% degli scienziati. Tutti insieme certificano che “Ormai la ricerca non ha più dubbi perché sul tema clima ha stabilito con certezza che l’aumento di temperatura sul pianeta ha un responsabile: la CO2 emessa dalle attività antropiche”.

La sistematica esclusione di migliaia di pubblicazioni scientifiche su questi temi, in primo luogo dalla IPCC, è sposata dalla quasi totalità dei media. E’ doloroso constatare che a questa “prassi” si è allineata una delle più antiche e prestigiose Accademie: l’Accademia dei Lincei, annullando un Convegno aperto al mondo della ricerca sul tema Global Warming per evitare confronti e dibattiti .

A nulla servono le grida di grandi esperti che cercano di segnalare la falsa statistica su questo aspetto. Grandi studiosi hanno dimostrato che la CO2 non è un inquinante ma è un gas verde, il cibo delle piante, la base della vita sul nostro pianeta e che senza la CO2 non sarebbe possibile garantire a miliardi di individui e animali gli alimenti necessari, fatti da vegetali, carboidrati, grassi e proteine. Tutte sostanze che derivano dalla CO2 attraverso i processi di fotosintesi.

Ma la nostra speranza non muore, sapendo che il Ricercatore-Accademico conserva ancora nel suo DNA la stessa forza che ha consentito a grandi uomini di scienza di sfidare le Accademie e i salotti del potere con i fatti. Questi grandi Uomini hanno anche sacrificato la loro vita o la loro libertà. Il DNA del Ricercatore non contempla certezze, ma ipotesi e dubbi che necessitano di verifiche sperimentali, analitiche e confronti.

A questo punto ci chiediamo: è pronto il Ricercatore-Accademico a recuperare dal suo DNA queste prerogative e chiedere a coloro che promuovono con arrogante certezza queste ipotesi: “PORTAMI LE PROVE…, dimostrami che 100 ppm di CO2, immessi in atmosfera negli ultimi 170 anni, siano in grado di produrre un aumento della temperatura media sul pianeta di circa 0,9°C. Non ripetermi che alcuni ghiacciai si sciolgono, che sono aumentati gli eventi estremi. Evita di fare monologhi. Se vuoi discutere di questo, accetta e favorisci confronti invece di nasconderti dietro blog, microfoni o telecamere recitando gli stessi slogan di grande effetto. In tutto il mondo, ricerche di elevato livello, hanno dimostrato che è la temperatura subisce variazioni nel tempo, e la CO2 segue queste variazioni, non le precede. E’ possibile dimostrare, con i dati, che i ghiacciai hanno sempre subito grandi variazioni nello spazio nel divenire geologico, e che gli eventi, come uragani, piogge, alluvioni non hanno avuto, dal 1800 ad oggi, le grandi variazioni ipotizzate e utilizzate per incutere paura e incertezza. Esistono centinaia di dati scientifici pubblicati su questo tema e sistematicamente ignorati. Ti ripeto, dimostrami, in primo luogo, che esiste questa prova diretta e non continuare a presentare le previsioni tratte dai modelli climatici, costruiti al computer, e propinati senza soluzione di continuità dalla bibbia dei report IPCC.

Questo ci aspettiamo noi da coloro che professano certezze. Lo studioso del clima non ha l’onere di dimostrare nulla, deve solo seguire il paradigma fondamentale della scienza: che siano i fatti a definire le verità scientifiche e non il numero di “scienziati scelti” o la loro pretesa qualità, i quali continuano a produrre dichiarazioni roboanti che poi sono distribuite a pioggia dal sistema di comunicazione al supermercato del Metodo della Competenza.

Se hai pazienza, chiede ancora, possiamo analizzare con calma, e in aule affollate di studenti, i modelli e le previsioni costruite a partire dal 1988, quando lo scienziato J. Hansen ha pronunciato il suo severo discorso al Congresso USA. In quella occasione il Dr. Hansen ha tracciato tre scenari e mostrato i relativi modelli che prevedevano differenti aumenti di temperatura, per il 2020, sino a 1,5°C. Oggi, emerge immediato l’errore e la non coerenza di tali previsioni. E’ sufficiente confrontare i dati delle temperature previste da questi modelli con i valori reali di temperatura misurati negli ultimi 32 anni (1988-2020). Mentre alcuni grandi scienziati, ex IPCC, hanno espresso pubblicamente il loro dissenso [Rex J. Fleming (2019): The Rise and Fall of the Carbon Dioxide Theory of Climate Change, Springer]. Per tamponare questa falla dei modelli, Michael Mann, phD di 33 anni della Penn State University, sbugiardato nel 2019 dalla Corte Suprema della British Columbia, ha inventato uno scandaloso grafico delle variazioni di temperatura degli ultimi 2000 anni, la famosa “mazza da hokey”, che l’IPCC ha assunto come il vangelo. L’obiettivo era quello di sostenere l’idea della deriva catastrofista, spostando le previsioni non più al 2020 ma al 2100. Ulteriore verifica della non significatività dei Modelli, emerge quando si tenta di simulare ciò che realmente è avvenuto negli ultimi 5.000 anni, come impone la scienza sperimentazione. Emerge con estrema chiarezza come il livello di significatività di questi modelli, misurato con test statistici e verificato sperimentalmente, sia prossimo a zero.

Del resto, non c’è da meravigliarsi che i cosiddetti “giornalisti climatici” parlino con sicurezza del clima citando i soli scienziati scelti con il “metodo della competenza”. Questi giornalisti non hanno mai sentito parlare delle equazioni che governano i movimenti di aria e acqua del nostro pianeta, delle correnti a getto che operano a ridosso della troposfera, delle attività solari, delle oscillazioni dell’asse terrestre, ecc. Il Pianeta Terra non si trova all’interno dei nostri laboratori, ma è parte integrante del complesso sistema planetario e, in particolare, del sistema solare, il quale è governato da specifiche leggi della fisica, non ancora del tutto conosciute.

Non viene mai rilevato come nonostante trentacinque anni di fervore climatico l’inquinamento, che nulla a che vedere con il clima, continua a imperversare in tutti gli ambienti del nostro pianeta, e che il mondo della ricerca, unico sistema capace di produrre conoscenza e innovazione, per garantire per il futuro scelte corrette, viene costantemente messo in difficoltà e sottoposto a restrizioni finanziarie. Così come la scuola, con gli insegnanti sottopagati e lasciati soli in balia di una società sempre più arrogante e culturalmente depressa. Questa deriva ha contribuito a rompere l’antico e solidale legame scuola-famiglia. Sono stati cancellati dalla storia i grandi momenti di gloria del sistema di comunicazione costituito della RAI-Radio-TV che, attraverso l’azione del grande Maestro Manzi, ha affrontato e contribuito a far emergere la piaga dell’analfabetismo nell’Italia postbellica. Accanto a questo impoverimento culturale ed economico, si registra oggi lo smisurato accumulo di risorse di pochissimi gruppi, che sono coloro che dettano le regole. Mai come ora, si è registrata in tutto il mondo una così grande distanza tra poveri e ricchi.

In definitiva, quale può essere la strada per iniziare a fare emergere questo grande imbroglio. Come si può risolvere questo problema? Qualsiasi tentativo di dialogo con il cittadino richiede di definire ciò che è “corretto” e impone almeno la conoscenza di alcuni elementi di base per impostare le definizioni e definire il campo del dibattito. Ma è proprio necessario tentare di far capire al cittadino comune queste cose? O è sufficiente rassicurarlo, ponendo come elemento canonico alcune cose, stabilite da qualcuno con i fatti senza mettere alla prova le persone?

Ciò che è necessario stabilire e condividere, quindi, sono solo i fatti che devono assumere il rango di “dato scientifico”. E gli scienziati che studiano la natura sentono, ed hanno, il dovere di scoprire le falsità, indipendentemente dai motivi che sono presenti dietro queste falsità. Gli scienziati della natura non hanno certezze, ma vivono di dubbi e sono alla disperata ricerca del dialogo e di confronti, ma sono sempre pronti a mettere in discussione le loro stesse ipotesi, quando queste assumono il rango di fatti.

Questa è la Scienza

* Christopher Essex, Professor of Applied Mathematics at University of Western Ontario on why ‘climate change’ models are bunk.